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CHI SIAMO

“Nel paese della bugia la verità è una malattia.”

Il progetto “Caduti sul campo” nasce da un’idea di Claudio Lobuono ed Elisa Scrivani, rispettivamente fratello e madre del defunto Alessandro Lobuono morto il 04/04/2019 a soli 29 anni dopo una partita di calcio dilettantistica organizzata dal Comitato Sportivo Italiano.

 

Un nome forte forse, pensando al contesto giocoso e spensierato di un campo da calcio di periferia. Ma dentro quel campo spelacchiato di quel tranquillo oratorio di provincia, sul pavimento bagnato di uno spogliatoio, tra un borsone rovesciato ed un paio di ciabatte ancora bagnate, si è spento Alessandro un ragazzo che amava lo sport ma soprattutto amava la vita.

 

Questo progetto non nasce quindi per ricordare una persona speciale, perché tutti diventiamo speciali per qualcuno quando non ci siamo più. Alessandro non lo era, o almeno non lo era più di me o di voi o dei vostri figli o di chiunque altro uomo, ragazzo o bambino che ha avuto il privilegio di tornare a casa in quella quieta sera di inizio primavera.

 

Ciò che leggerete su questo sito invece è la triste storia della morte di un ragazzo normale e delle “circostanze” che l’hanno cagionata, nella speranza che fatti come questo possano non accadere nuovamente ed altre sfortunate famiglie come la nostra possano trovare in queste pagine il sostegno morale e la forza per rialzare le spalle e rivendicare giustizia per i loro “campioni" caduti sul campo.

 

La nostra speranza è che comprendendo al meglio ciò che abbiamo vissuto e la battaglia che stiamo portando avanti ogni genitore possa imparare a rivendicare e pretendere con tutta la forza possibile quel diritto al gioco ed alla vita che dovrebbe essere il pilastro fondamentale di un sano concetto di sport. Quel diritto di ogni genitore a non avere paura, il diritto di poter veder tornare a casa il proprio "campione". Quel diritto che ad alcuni di noi, purtroppo sempre più spesso, viene negato: non dalla sorte, non dal destino e non dal fato ma dal sistema stesso che avrebbe dovuto preservarlo.

 

Perchè ogni mamma ed ogni papà, almeno una volta, ha provato a far sentire il proprio ragazzo un vero “campione”: Mentre gli svuotava il borsone, rimproverandolo per aver di nuovo perso il doccia shampoo. Mentre fingeva di credere alle sue stoiche imprese e del perché non avesse lavato le scarpe infangate al campo. E quanto era bello, tra i fili d’erba bagnata sul bordo della vasca ed il bagno che profumava di terra aver la certezza di averlo visto tornare a casa stanco e felice.

 

Ma questa è solo l’immagine che tutti vorremmo ricordare, perché per alcuni di questi genitori quelle scarpe infangate resteranno chiuse in un borsone, tra ciabatte ormai coperte di muffa e calzini sporchi che non verranno più lavati. Per molti di quei genitori non ci saranno più emozionanti racconti di eroiche imprese, non ci saranno più ne rimproveri ne sorrisi… resterà solo quel sospeso “ci vediamo dopo...” mentre si allungavano con il cambio infilzato nel fianco per chiudere la portiera della macchina parcheggiata in doppia fila… Quella portiera che per molti di loro resterà per sempre aperta.

 

Ed è giusto allora parlare di morte: perchè di morte si tratta, nella peggiore accezzione possibile del termine, perché è quella morte che doveva e poteva essere evitata. Quella che non ti aspetti, perché al sicuro nelle “calde” mura di un’oratorio di provincia. Quella che ti gela il sangue in una fresca sera primaverile, e continua a farlo ogni sera della tua vita. Quella che vorresti non riuscire a spiegarti, quella di cui hai rivissuto ogni attimo, hai ascoltato ogni parola, percepito ogni respiro, quella che non ti fa più dormire la notte. Quella dove nessuno si sente e non vuole sentirsi colpevole, quella di cui nessuno vuole parlare. Quella in cui non ci sono più “amici” al tuo fianco ma solo compagni ed avversari. Quella su cui nessuno vuole indagare... perché fa male, o forse soltanto perché è la verità a fare male. Male a qualcuno, male a qualcosa, male ad un intero sistema. Quella che è meglio per tutti “stare zitti” e dimenticare… Quella storia che, da oggi, vi farà guardare i vostri figli in modo diverso, quando con i pantaloncini e il borsone in spalla, li saluterete mentre scendono felici dalla vostra macchina accostata in doppia fila. Quella storia che speriamo di riuscirvi a raccontare (si perché in Italia quando porti alla luce qualcosa di scomodo la bocca te la chiudono) e  e vi farà pensare che vi farà pensare: "E se fosse mio figlio il prossimo?".

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